27 novembre 2007
Morituri te salutant |
di
Esse Emme |
 nuovi gladiatori fremono, controllano che tutte le loro
armi siano a posto. C’è chi lancia scongiuri in un angolo, un altro fa
scrocchiare le dita, pronto a colpire. Fra poco si getteranno nell’arena. Ne
resterà soltanto uno… in linea.
GLADIATORI VIRTUALI – Spopolano nella rete una serie di
giochi nelle quali gruppi di persone si sfidano a colpi di mouse. Si chiamo Fps, acronimo per first person shooter, sparatutto dalla visuale in prima persona. Intrappolati
in labirinti e sotterranei, armati fino ai denti di ogni tipo di arma, si
cercano l’un l’altro per uccidersi. A volte si formano brevi e tacite alleanze,
che durano però il tempo di un’uccisione, poi si è di nuovo tutti contro tutti.
Uno spettacolo tecnologico che è diventato un affare. Questi giocatori sono i gladiatori del nuovo millennio. SCOMMESSE REALI SU MORTI VIRTUALI – Il meccanismo è
semplice. Ci sono due opzioni di gioco. La prima è scommettere su un evento e
stare a guardare, come un uomo libero al Colosseo il giorno di festa. Si
contatta l’allibratore on line e si
scommette su questo o quel gladiatore. Poi si aspetta di vedere come va a
finire. Ovviamente dopo un po’ si iniziano a conoscere i giocatori, quelli che
si prendono a mazzate, per cui lo scommettitore saprà come muoversi, e
regolarsi anche sulle quote che il sito offre. Il secondo metodo è invece
scommettere su se stessi. Si mette una quota, e alla fine del torneo chi è
restato più invita intasca il premio. Un primo sito, che come sottolinea il Guardian in questo
articolo, è ora chiuso è Tournament.
Prevalentemente su questa piattaforma si giocavano quelli che sono i più noti e
usati giochi in vendita. Attirava molta gente, e anche molti soldi. Per cui
sembrerebbe abbia attirato anche molti giocatori che non solo disponevano di
computer professionali per essere i più veloci e fluidi nel gioco (l’hardware in queste simulazioni di guerra
conta molto nelle capacità poi di far rispondere il personaggio ai nostri
movimenti senza attese che potrebbero essere fatali), ma anche coloro che si
aiutavano con software che li
rendevano più potenti. Insomma giocatori che al di fuori di questo strano mondo
fatto di pixel e mouse e tastiere, definiremmo dopati. COME CANNAVARO E ARMSTRONG – Quando girano soldi e interessi
le accuse di doping vere o presunte
non si fanno attendere. Il cheating
è molto combattuto proprio perché genera disparità non tanto basate sulle capacità del giocatore (e la sua possibilità di avere dei computer super
potenti), ma i controlli e le contromisure arrivano sempre un passo dopo
l’invenzione di un nuovo trucco. Esattamente come nella vita reale. Una
soluzione credono di averla trovata quelli di Kwari.
Si sono creati il loro labirinto, le loro armi e le loro regole. Fino a quando
un haker – un pirata informatico –
non ruberà il codice sorgente per poi analizzarlo e creare dei cheat, nessuno di quelli esistenti e
quelli che vengono programmati sui soliti giochi da “torneo” non potranno
funzionare. Il progetto è ancora in beta, ovvero in fase sperimentale, e per
non rischiare troppo (e finire insolventi come quelli di Tournament), alla
Kwari hanno deciso di tenere basse le puntate.
IN ATTESA DEI VERI CONCORRENTI – In ogni caso Kwari e
Tournament non sono che piccole e pionieristiche realtà che stanno sondando un
terreno potenzialmente fertilissimo. Possiamo solo immaginare se la Microsoft
o una grande società di giochi per computer decidesse di fare un salto del
genere. Sarebbe come passare dall’anfiteatro della più remota provincia
imperiale al grande Colosseo della Capitale. Per il momento la Blizzard, con il suo
World of Warcraft, si contenta di alcuni milioni di euro l’anno in
sottoscrizioni. Ma potrebbe non bastare più. Fra quanto avremo dei gladiatori
professionisti che si sfideranno nelle arene della rete? Vota questa notizia


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26 novembre 2007
La mattanza dimenticata |
di
Esse Emme |
 l Centro Europeo per la Prevenzione
e il Controllo delle Malattie ha pubblicato, sul suo sito, il nuovo
rapporto sulla diffusione del virus HIV. E i dati non sono per nulla
confortanti. Secondo lo studio nel 2006 la proporzione di nuovi casi accertati
per un milione di abitanti è salito da 28,8 a
57,5.
IL PERICOLO SOFFIA DA EST – Solo in Estonia ci sono stati
668 nuovi casi nel 2006, 504 per ogni
milione di abitanti. Considerando che in questo piccolo paese, una delle tre
repubbliche baltiche ora annesse all’Unione Europea, ha soltanto un milione e
trecentomila abitanti, il numero assume un valore ancora più impressionante.
Come l’Estonia, Ucraina, Federazione Russa e Portogallo sono i paesi in cui si
sono registrati più di 200 casi per ogni milione di abitanti. Il governo estone, che sta preparando un piano
di nove anni per cercare di combattere questa pandemia, ha fatto sapere che se
nel 2001 il 90% dei nuovi casi riguardavano l’uso di droghe, questa percentuale
nel 2006 era crollata al 50%. Detto fuori dai numeri, il virus si sta diffondendo da chi fa uso di droghe a persone sane
attraverso i rapporti sessuali.
E’ SEMPRE COLPA DEI CULATTONI – Certo, ci piacerebbe
pensarlo. E’ stata la scusa principale in tutti questi anni. E’ la malattia dei
gay, io che mi scopo al massimo qualcuna con il seno rifatto sono al riparo da
questo genere di malattia. Cazzate,
ovviamente. Più della metà delle nuove
infezioni avvengono nei rapporti sessuali tra etero, la restante metà della
torta se la dividono i rapporti omosessuali e l’uso di siringhe infette,
quest’ultimo caso in vantaggio sul primo.
SOTTOSTIMARE IL PERICOLO – Nei paesi membri dell’UE la media
è di 67 nuovi casi l’anno per ogni milione di abitanti, un numero che andato
raddoppiando dal 1999. Questo peggioramento della situazione non è solo frutto
dell’ingresso di nuovi paesi a rischio dell’Est Europa, ma da una generale idea
di essere fuori pericolo. Secondo il direttore del Centro Europeo per la
prevenzione e il controllo delle malattie, circa un terzo degli europei infetti dal virus dell’Hiv sono ignari di aver
contratto la malattia. Il pericolo è che continuino a diffondere il virus
in rapporti sessuali non protetti.
DIO SALVI LA REGINA DALL’AIDS
– Pochi giorni prima che fosse pubblicato il rapporto, nel quale viene
sottolineato come il Regno Unito sia il primo paese dell’Europa Occidentale per
numero di casi di AIDS la regina
era in visita di Stato in Uganda. Come Lady Diana prima
di lei ha stretto la mano di un paziente infetto dall’Hiv. Ma se per la
principessa consorte del Galles il caso – in anni in cui l’ignoranza sul virus
era tale che si credeva che il solo contatto fosse sufficiente per contrarre il
virus – diventò un caso e un esempio che smosse le coscienze, per la regina
Elisabetta il fatto non ha creato lo stesso rumore. Ma rimane un gesto molto
apprezzato.
E L’ITALIA? – Una barra vuota per l’Italia nel rapporto. Il
nostro Sistema Sanitario Nazionale
non si preoccupa di raccogliere questo tipo di dati. Evidentemente preferiamo
chiudere gli occhi e non pensarci. Qualcuno si consolerà pensando che non siamo
soli in questa mancanza. Anche la
Spagna di Zapatero non dispone di ricerche su base nazionale
sui casi. Visto che inseguiamo i modelli elettorali tedeschi e spagnoli – gli
unici due paesi del mondo occidentale che usano il sistema proporzionale
durante le elezioni – potremmo pur sempre dire che ci stiamo ispirando – in
questo chiudere gli occhi a una realtà così difficile, ad un grande paese
democratico.
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italia
aids
contagio
| inviato da giornalettismo il 26/11/2007 alle 11:48 | |

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17 novembre 2007
L'Italia e la Tratta degli esseri umani |
di
Esse Emme |
“Tutti gli Stati che combattono risolutamente il traffico di esseri umani troveranno negli Stati Uniti d’America un alleato. Insieme continueremo ad affermare che nessuna vita umana può essere svalutata o ignorata. Insieme ridurremo a zero la reificazione dei nostri fratelli, siano essi uomini o donne. E insieme costruiremo un mondo più speranzoso, un mondo dove le persone possano godere totalmente della libertà che ci è stata donata da Dio”. Con queste parole il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha presentato in una conferenza stampa molto gremita – a parte ovviamente i giornalisti italiani – il “Rapporto sulla Tratta degli Esseri Umani” del 2007, che porta la sua firma. Sono stati analizzati praticamente tutti i paesi del mondo, incrociando i dati delle forze di polizia e dei giudici locali con quelli dell’intelligence.
CERCHIAMO UN PO' QUEL PAESE A FORMA DI STIVALE - Ovviamente, c’è un capitolo sull’Italia. Più precisamente sulla tratta di prostitute tra l’Ucraina e l’Italia. La premessa è piuttosto scontata: le donne ucraine vengono attratte in Italia principalmente con la promessa di un lavoro stabile, per essere poi ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi con la forza della violenza. Non ci voleva la C.I.A. per saperlo. La storia raccolta nel rapporto – però – è piuttosto esemplare e ci dice di più sul sistema che regola la prostituzione in Italia: “Mara, una ragazza trentenne ha lasciato suo marito e due figli in Ucraina con la promessa di un lavoro come badante in Italia. […] Per nove mesi Mara era sfruttata dai suoi aguzzini, che la picchiavano ogni volta che avesse rifiutato un cliente. Se un uomo si fosse lamentato delle sue prestazioni, il suo protettore le avrebbe aumentato il debito che aveva nei suoi confronti. Mara fu liberata solo dopo una perquisizione della polizia italiana nel bordello, ed è stata espulsa in Ucraina per il reato di prostituzione.” Ovvero, lo Stato italiano non trova di meglio da fare per proteggere le prostitute straniere che espellerle. Non importa se in patria la loro incolumità possa essere a rischio da parte della “sezione Ucraina” dei trafficanti di esseri umani. Un fatto che non è sfuggito ai redattori del rapporto, che invitano l’Italia a non trattare le prostitute come persone che commettono un reato, ma come persone che subiscono il reato.
SI PUO' FARE DI PEGGIO? - Un dato mi ha particolarmente colpito. Secondo il rapporto, in Italia, il 7-10 per cento della tratta degli esseri umani è composto da bambini. “C’è stato un aumento del traffico di minori dalla Romania, effetto collaterale della chiusura degli orfanotrofi Rumeni. In aumento sono anche i bambini rumeni giunti in Italia e costretti all’accattonaggio. Uomini dalla Polonia e dalla Repubblica Popolare del Congo sono ridotti in schiavitù nelle campagne italiane”, come nuovi servi della gleba. Il resto è una disamina degli investimenti e dei risultati ottenuti: Nel 2006 sono stati spesi 4,3 milioni di euro per assistenza alle vittime di tratta, principalmente attraverso il finanziamento di 77 progetti di organizzazioni non governative. Inoltre sono stati effettuati 340 corsi di formazione per altrettante vittime, e assistenza all’impiego per 1189. Sessantanove persone sono state rimpatriate in un progetto di reintegrazione, e a 927 sono stati assegnati dei permessi di soggiorno temporanei.
COME NEL SERIAL TV PIU' AMATO DAGLI AMERICANI - Nel rapporto però non c’è solo spazio per le vittime. Un angolo di speranza viene lasciato nella sezione “eroi”. Anche l’Italia ne può vantare uno: è la nigeriana Esohe Aghatise, fondatrice e direttrice dell’associazione non governativa Iroko. Questa Ong piemontese assiste le vittime di prostituzione, garantendo loro non solo una casa e l’assistenza per gli eventuali figli, ma anche l’aiuto di un legale. La Iroko funge anche da agenzia di lavoro. Un nuovo progetto, partito nel 2006, cerca di sensibilizzare gli studenti delle scuole superiori cercando di dissuadere i ragazzi dall’andare con le prostitute.
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